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ONU: 12 anni per cambiare sviluppo ed evitare la catastrofe
Un quadro internazionale confuso
verso una situazione globale senza ritorno

 

Organizzazione Internazionale del Lavoro

Vedi: Informazioni di UNCC

Storia del negoziato sui cambiamenti climatici

Il segretario delle Nazioni Unite Gutierres alla’apertura della Cop24:

COP 24 Dal 3 al 14 dicembre si svolge a Katowice, in Polonia, la Cop24 la conferenza sul clima che deve definire le regole di attuazione dell’Accordo di Parigi del 2015.
L’obiettivo ultimo è cercare di mettere un freno al cambiamento climatico a livello globale e definire un “Rule Book”, un libro guida per attuare tutti i principi dell’Accordo di Parigi, che entrerà in vigore nel 2020.
Nel corso della Cop24 si deve anche stabilire come distribuire le risorse finanziarie necessarie a sostenere i paesi meno sviluppati per indurli a ridurre le proprie emissioni di CO2.
Alla Conferenza partecipano 30mila delegati provenienti da tutto il mondo, che devono stabilire le azioni concrete da portare avanti per contenere l’aumento della temperatura media entro i 2 gradi sino a fine secolo

COP 24: All’inizio del 1900 l’umanità produceva 2 miliardi di tonnellate di CO2 all’anno, oggi ne produce 35 miliardi di tonnellate.
Nello scorso anno c’è stato un ulteriore aumento del 2%. Continuando così il riscaldamento del pianeta può aumentare da 3° a 5°C, provocando anche lo scioglimento delle calotte polari e un innnalzamento degli oceani che può inondare vaste aree del pianeta.
I combustibili fossili producono l’80% di tutta la CO2 a a livello globale
Il consumo di energia non è uguale in tutti i paesi:
L’Arabia Saudita consuma 294 gigajoule a testa
Gli Stati Uniti 290 gigajoule a testa
Gli Europei 130 gigajoule a testa
I Cinesi 99 gigajoule a testa
I Nigeriani 31 gigajoule a testa
Gli Indiani 28 gigajoule a testa
Gli Etiopi 22 gigajoule
Poiché però il riscaldamento è un fenomeno globale, chi subirà più in fretta gli effeti del disastro non saranno i paesi che producono più CO2, ma in gran parte quelli che hanno meno responsabilità.

 

Costi e conseguenze per l’Italia:,

I modelli di lungo periodo prevedono che entro un secolo l’aumento della temperatura media in Italia sarà compreso tra 1,8 e 5,2 gradi. La dinamica riguarderà in maniera pressoché uniforme tutto il territorio nazionale.
L’impatto economico: l’agricoltura il settore più colpito, i piccoli produttori rimarranno schiacciati in un mercato sempre più complesso.
Coldiretti valuta in 14 miliardi di euro i danni causati nell’ultimo decennio dal cambiamento climatico all’agricoltura italiana; è possibile stimare costi per l’economia nazionale compresi tra 20 e 30 miliardi di euro entro il 2030.
Entro il 2030 è possibile prevedere in Europa un calo del 30% del fabbisogno energetico legato al riscaldamento e un aumento del 72% legato alla climatizzazione e alla refrigerazione.
I costi correlati al dissesto idrogeologico del territorio italiano sono stimati in circa 2,5 miliardi di euro l’anno, ma la cifra è destinata a levitare nel corso dei prossimi decenni Secondo un rapporto della Banca Mondiale del 2016 il costo annuale dell’inquinamento del pianeta è di 225 miliardi di dollari.
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Vedi: English

Ogni giorno, circa il 93% dei bambini di età inferiore ai 15 anni (ovvero 1.800 milioni di bambini) respira aria così inquinata che mette seriamente a repentaglio la salute e la crescita.

Sfortunatamente, molti di loro finiscono per morire: secondo le stime dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2016 sono morti 600.000 bambini da infezioni respiratorie acute delle basse vie respiratorie causate da aria inquinata

 

 

Vedi:

Gli effetti del riscaldamento del Mediterraneo sui paesi costieri

 

I paesi del Mediterraneo nell'ultimo secolo si sono riscaldati più del resto del mondo (+1,4 gradi contro +1 grado globale): questo ha fatto aumentare le ondate di calore e i nubifragi e li ha resi più devastanti. E nei prossimi anni, il riscaldamento dell'area del Mediterraneo sarà più alto del 25% di quello globale, in particolare con un riscaldamento estivo maggiore del 40% rispetto alla media
Sempre più probabile il verificarsi di trombe marine e tornado intensi nei mari italiani a causa dell’innalzamento della temperatura superficiale dell’acqua dovuta al riscaldamento globale.
È quanto emerge da una ricerca ENEA - CNR pubblicata su Scientific Report di Nature, una delle più antiche e autorevoli riviste scientifiche al mondo.

Vedi:

Il nostro nuovo Calcolatore Footprint per dispositivi mobili è disponibile anche in italiano all'indirizzo

Qual è la tua Impronta Ecologica?

Di quanti pianeti avremmo bisogno se avessimo tutti il tuo stile di vita?

Il modo di produrre ed il lavoro

In Italia:
nei primi 10 mesi del 2018:
945 lavoratori morti sul lavoro
534.605 lavoratori infortunati
49.760 casi di malattia professionale (30.352 con patologie del sistema osteo-muscolare e del tessuto connettivo, 5653 con patologie del sistema nervoso, 4.244 con patologie del sistema respiratorio e dei tumori) . 

Ogni giorno (compresi il sabato e la domenica) nelle nostre aziende a causa dell’ambiente e della organizzazione del lavoro :
muoiono oltre 3 persone
subiscono lesioni circa 1.800 lavoratori, dei quali più di 15 con invalidità gravi e permanenti.
circa 170 lavoratori denunciano una malattia professionale Le patologie riconosciute dall’Inail, sono solo una parte delle patologie provocate dalla attuale organizzazione del lavoro.

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L’Agenzia Europea per la salute e sicurezza sul lavoro sulle sostanze pericolose.
Nell’Unione Europea 100.000 morti sono attribuite a tumori di origine professionale. Tutti questi tumori sono evitabili con l’eliminazione dei rischi nei processi di produzione.

I lavoratori sono esposti a sostanze pericolose in molti ambienti di lavoro europei. Tali esposizioni sono più comuni di quanto la maggior parte delle persone pensi e, di fatto, possono verificarsi in quasi tutti gli ambienti di lavoro. Ciò comporta importanti preoccupazioni per la sicurezza e la salute.
Una sostanza pericolosa è qualunque solido, liquido o gas che ha le potenzialità di causare danni alla sicurezza o alla salute dei lavoratori. L’esposizione può avvenire per inalazione, penetrazione cutanea o ingestione.

 

 

Le esposizioni a sostanze pericolose nell’ambiente di lavoro sono collegate a problemi che hanno effetti acuti e a lungo termine sulla salute, tra cui:
• malattie respiratorie (ad esempio asma, rinite, asbestosi e silicosi),
• danno agli organi interni, compresi il cervello e il sistema nervoso,
• irritazione cutanea e malattie della pelle,
• tumori occupazionali (ad esempio leucemia, cancro ai polmoni, mesotelioma e cancro della cavità nasale).
Inoltre, la presenza di sostanze pericolose può mettere i lavoratori a rischio di incendio, esplosione, intossicazione acuta e soffocamento.
La seconda indagine europea tra le imprese sui rischi nuovi ed emergenti (ESENER-2) dell’EU-OSHA rivela che le sostanze pericolose sono frequenti soprattutto in alcuni settori, come l’agricoltura, la produzione e l’edilizia.
Tuttavia, i lavoratori di ogni settore sono potenzialmente a rischio di esposizione alle sostanze pericolose. In effetti, nel complesso, il 38 % delle aziende europee segnala la presenza di sostanze chimiche o biologiche potenzialmente pericolose nei propri ambienti di lavoro.
Pertanto, è fondamentale che i rischi siano individuati e gestiti.

Vedi: Dangerous substances (chemical and biological)


Indagini e statistiche - Indagine ESENER fra le aziende - Sondaggi dell'UE in materia di sicurezza e salute (ESENER)

Cambiare il modo di produzione,
base per uno sviluppo durevole, la crescita economica ed il lavoro

 

La finanza di impatto per i cambiamenti climatici il primo rapporto sulla finanza etica e sostenibile in Europa, stima che la somma delle attività finanziarie legate al clima è pari a 715 miliardi di euro, quasi il 5% in rapporto al prodotto interno lordo totale dell’Unione Europea.

Vedi: La finanza di impatto per i cambiamenti climatici

Sulla scia dell'accordo di Parigi la preoccupazione per i cambiamenti climatici è diventata una forza trainante, sono apparsi nuovi prodotti finanziari “green” e le obbligazioni legate al clima continuano a mostrare una forte domanda.

I fondi pensione di tutto il mondo stanno dimostrando di considerare gli investimenti sostenibili come fattori critici per gli investimenti a lungo termine, richiedendo sempre più l'integrazione di elementi legati all’ambiente, al sociale e alla governance (ESG) nei loro investimenti.

Vedi: Irena (International Renewable Energy Agency

 

 

Irena (International Renewable Energy Agency): entro il 2050, partendo da oggi, con le energie rinnovabili potremmo raddoppiare la produzione globale di energia elettrica e nel contempo ridurre le emissioni di CO2 dell’85%.
Inoltre mentre le energie fossili danno occupazione a 8 milioni di persone, le energie rinnovabili possono dare occupazione a 19 milioni di lavoratori.
Vedi: Le energie rinnovabili sono la chiave per un clima mondiale sicuro

 

 

Dopo 3 anni di intense negoziazioni, i paesi membri delle Nazioni Unite hanno approvato alla unanimità il programma per il lavoro decente e lo sviluppo sostenibile per il 2030.
Il programma ingloba le tre dimensioni della sostenibilità economica, sociale e ambientale: si articola in 17 obiettivi:
-Fine della povertà e della fame,
-salute e benessere,
-istruzione di qualità,
-uguaglianza dei sessi,
-acqua pulita ed energia pulita e con un costo abbordabile,
-lavoro decente e crescita economica,
-industria, innovazione e infrastrutture,
-riduzione delle diseguaglianze,
-città e comunità sostenibili,
-consumo e produzione responsabile,
-lotta contro il cambiamento climatico,
-difesa della biodiversità,
-pace e giustizia
-collaborazione< per il raggiungimento degli obiettivi.
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Vedi: Il programma per il lavoro decente e lo sviluppo sostenibile per il 2030


Vedi: Sulla decarbonizzazione bisogna fare sul serio

 

Energia:
In considerazione di un contributo FER (Fonti Energie Rinnovabili) al 2030 superiore al 55% nel settore elettrico, e progressivamente prossimo al 100% nel 2050, occorre istituire meccanismi e costruire un mercato che risponda progressivamente alle esigenze dei fondamentali degli impianti rinnovabili e sempre meno di quelli fossili.
Il periodo 2021-2030 dovrà essere dedicato a questa progressiva trasformazione
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La Banca mondiale calcola che la crescita demografica ed economica e la maggiore urbanizzazione - in assenza di una strategia che incentivi riuso e riciclo – ci porteranno ad avere a che fare tra poco più di 30 anni con 3,14 miliardi di tonnellate di scarti solidi urbani ogni anno, rispetto ai 2,01 miliardi di tonnellate di oggi .
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L'economia circolare, quella del riciclo, in Italia vale oggi 88 miliardi di fatturato, 22 miliardi di valore aggiunto, ovvero l'1,5% del valore aggiunto nazionale.
Numeri che sostanzialmente equivalgono a quelli di tutto il settore energetico nazionale o di un settore industriale storico come quello dell'industria tessile, non molto distante dal valore aggiunto dell'agricoltura.
Un settore che impiega oltre 575mila lavoratori, mostrandosi ogni anno sempre più competitivo per i giovani in cerca di occupazione e per i profili professionali più specializzati.


Vedi: Informazioni dall’Europa
al fondo il link per i vari documenti

I Fondi strutturali e di investimento europei contribuiscono alla tutela e alla preservazione delle risorse naturali, quali acqua, natura e biodiversità, aria pulita o materie prime.
Ciò implica investire nelle infrastrutture necessarie per il trattamento delle acque reflue e la gestione dei rifiuti (ad esempio il riciclo) e nelle misure per il monitoraggio dello stato ambientale ovvero creare infrastrutture ecologiche.
In tale quadro l’ambiente rappresenta una fonte di crescita economica e nuove opportunità lavorative.

il caso Torino: una città che può divenire esempio
della transizione alla nuova economia e di un nuovo modello industriale

Automotive

Vedi: L’economia circolare riprogetta la fabbricazione e l’utilizzo dell’auto.

Partendo dai concetti chiave della Economia circolare , le stime odierne parlano di un beneficio economico di oltre 1.800 miliardi di euro entro il 2030 se l’Unione Europea applicasse l’economia circolare, con la conseguenza di un aumento del Pil, dei posti di lavoro e della produttività annua delle risorse.
Enel è da anni partner di diverse iniziative di car sharing a zero emissioni ed è anche attiva nella costruzione di colonnine di ricarica per auto elettriche.
Il Gruppo Renault Nissan ha realizzato un impianto a Choisy-le-Roy, in Francia, in cui vengono ricondizionati circa 60mila fra motori e altre componenti all’anno apparentemente giunti a fine vita
. Economia circolare per l’automotive significa la riprogettazione di un prodotto che funziona con energia pulita e non emette emissioni, che ha una modularità che gli consente di durare più a lungo sostenuto da una manutenzione semplice e costante, che è fabbricato con materiali che sono totalmente riciclabili anche se in fasi diverse, sulla base anche di un controllo della filiera di fornitura che garantisce la compatibilità ambientale.



Vedi: Cambia la componentistica e si ridisegnano le filiere


Un’auto di proprietà giace inutilizzata per circa il 95% del suo tempo. Un mezzo car sharing invece è attivo per oltre il 40% del tempo.
Sempre più aziende stanno investendo puntando al recupero degli scarti e alla rigenerazione (il ‘remanufacturing’) delle automobili a fine vita, soprattutto per i ricambi, riducendone così i costi per i consumatori e il volume di scarti destinati alla discarica.
FiatChrysler Automobiles. ha scelto materiali facilmente riciclabili, fibre naturali come il kenaf e la juta, materia rinnovata come il nylon riciclato e ha ridotto il consumo di acqua nella filiera (-27,5% dal 2010) e di scarti (-18,7%).



Vedi: Fiat Auto Recycling (1995)


Il percorso dell’economia circolare nell’auto viene da esperienze importanti del 1995, il progetto Fiat Auto Recycling, che diede importanti risultati anche sulle componenti di plastica.
Esperienza che oggi può contribuire a riprogettare il ciclo dell’auto.
Le filiere vanno quasi completamente ripensate sia alla luce di motori elettrici, sia alla luce di una componentistica che deve necessariamente rinnovarsi.



Vedi: Ventiquattro milioni di nuovi posti di lavoro nell’economia verde

Secondo un nuovo rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) un’economia più verde potrebbe creare 24 milioni di posti di lavoro nel mondo entro il 2030.
I nuovi posti di lavoro verranno creati adottando metodi sostenibili nel settore energetico, in particolare attraverso cambiamenti e nuove combinazioni di diversi tipi di energia, l’uso di veicoli elettrici e il miglioramento dell’efficienza energetica nel settore dell’edilizia.


In Italia la Fondazione per lo Sviluppo sostenibile ha calcolato un impatto occupazionale importante, considerando 5 anni: i settori a più alto coefficiente occupazionale, sono le fonti rinnovabili con il 32% del totale degli occupati (circa 702.000 posti di lavoro diretti e indiretti), seguiti dall’agricoltura biologica e di qualità con il 18% del totale degli occupati (circa 393.000 posti di lavoro, in questo caso solo diretti), dalla rigenerazione urbana con il 12% (circa 255.000 posti di lavoro), dall’efficientamento degli edifici con il 9% (oltre 197.000 occupati); dalla riqualificazione del sistema idrico con l’8% (circa 178.000 posti di lavoro), dalla bonifica dei siti contaminati con il 5% (circa 117.000 posti di lavoro). Completano il quadro il settore rifiuti, incentrato sul passaggio dall’economia lineare a quella circolare con il 5% degli occupati, la mobilità sostenibile e l’eco-innovazione, entrambe con il 2% di posti di lavoro e, infine, la prevenzione del rischio idrogeologico, con lo 0,7% degli occupati.


I ritardi dell’Agenda Digitale

Vedi: Accedi alle mappe (è necessario registrarsi)


In coerenza con gli obiettivi dettati dall’Agenda Digitale Europea, da conseguire entro il 2020, l’85% della popolazione italiana dovrà essere raggiunta da una copertura di almeno 100 Mbps mentre una copertura di almeno 30 Mbps dovrà essere garantita alla totalità della popolazione. Il censimento collegato al Piano BUL del Piemonte fotografa uno stato di fatto ancora lontano da questi obiettivi: con il 13% delle Unità Immobiliari raggiunte da connettività a 100 Mbps e il 26,4% a 30 Mbps e con forti disomogeneità tra le principali aree urbane, i centri minori e le aree rurali. Di questa disomogeneità di servizio ne fanno le spese anche i distretti industriali e le industrie isolate, che sono tipicamente decentrati rispetto al centro abitato.



Vedi
: Il Forum Mondiale sulle Foreste Urbane
Scopo di questo primo Forum è stato di evidenziare esempi positivi di pianificazione, progettazione e gestione del verde urbano portati avanti da città con culture, forme, strutture e storie diverse che hanno utilizzato la selvicoltura urbana e le infrastrutture verdi per i benefici economici ed ambientali da queste forniti e per rafforzare la coesione sociale e il coinvolgimento pubblico delle comunità urbane nella gestione delle città .

Vedi: La FAO e l'urbanizzazione
Attraverso il suo programma sulla Selvicoltura Urbana e Periurbana, il Dipartimento delle Foreste della FAO contribuisce agli sforzi di sensibilizzare e trasmettere le conoscenze sulle foreste e gli alberi urbani attraverso la produzione di strumenti normativi, la messa a disposizione delle informazioni, la condivisione di competenze in materia di politiche, fornendo uno spazio di confronto e dibattito alle nazioni, e portando la conoscenza sul campo.


Vedi: Il ruolo delle città
All’inizio degli anni Novanta si è fatta strada la consapevolezza che le città sono al centro dello sviluppo economico: si stima che nei paesi a basso reddito generino intorno al 60 per cento del prodotto interno, fino ad arriva-re all’80 per cento per quelli a reddito alto. Se le città sono il motore della crescita, è quanto mai indispensabile che funzionino bene, che siano efficienti e che riducano gli sprechi per essere competitive sulla scena nazionale e internazionale.

Vedi: La resilienza urbana

Link alle news letter più recenti:
: Abbiamo 12 anni di tempo
: Scegliamo insieme come cambiare sviluppo
: C'è poco tempo per cambiare sviluppo: dobbiamo scegliere insieme
: Affinché non diventi troppo tardi

 

 

 

SISTEMA AMBIENTE È IL SISTEMA INFORMATIVO E DI GESTIONE

PER ATTRAVERSARE IL CAMBIAMENTO

 

http://www.sistemaambiente.net/SA/IT/Economia_Circolare_e_Bilancio_Ambientale_di_impresa.pdf

Per passare da una gestione dello spreco (con i suoi elevati costi sia aziendali che di sistema) a una economia circolare, è necessario uno strumento funzionale che nel modello di “Sistema Smbiente” è il Bilancio ambientale alimentato dalla contabilità ambientale (i valori quantitativi relativi all’andamento e alla destinazione delle risorse lungo tutto il ciclo dei materiali e le incidenze che essi hanno sul sistema in cui il sito è inserito) e dalla contabilità industriale. La elaborazione a livello di impresa consente di avviare con metodo concertato anche i bilanci di area e di settore.

http://www.sistemaambiente.net/Tesi/Sistemi_di_rendicontazione_ambientale_Il_bilancio_ambientale_di_impresa_di_Marylin_Moro_%202013-2014.pdf

 

Sistema Ambiente”, il gestionale di Digitalis, oltre agli strumenti di normale registrazione e produzione dei documenti di movimentazione dei rifiuti, offre alcune importanti opportunità per una migliore gestione del rifiuto.

In primo luogo la possibilità di collegare il rifiuto, e la sua movimentazione, alle singole fasi di processo: questo permette di ottenere dei dati quantitativi e qualitativi più direttamente utili a produrre una riduzione ed una qualificazione del rifiuto.

In secondo luogo con lo strumento della contabilità ambientale e del bilancio ambientale di prodotto consente di incidere in modo più efficace sugli indirizzi: cosa cambiare nei materiali, nel processo e nella progettazione e composizione del prodotto.

http://www.sistemaambiente.net/SA/IT/Economia_circolare_Ciclo_di_Produzione_Ciclo_dei_rifiuti.pdf  

http://www.sistemaambiente.net/News/Ita/Rifiuti/Serie_Rifiuti.pdf

 

Il Bilancio Ambientale comprende anche il calcolo del carbonio equivalente: calcolo che viene elaborato su ogni aspetto del ciclo di produzione (il consumo di energia nei processi e dei prodotti, i mezzi di trasporto dei lavoratori e usati per i materiali ed i prodotti, la fabbricazione delle materie prime, i rifiuti prodotti dai processi e a fine vita dei prodotti).Il caclolo è la base per capire come modificare i processi e pianificare come ridurre le emissioni a effetto serra prodotte dal ciclo.

http://www.minambiente.it/pagina/cose-la-carbon-footprint

 

www.sistemaambiente.net      info@sistemaambiente.net